Una gamba rotta significava dire addio a quel genere di vita che già assaporavo e mi dava carica ed emozioni, significava niente sogni di Olimpiadi, niente più medaglie, niente uova e zucchero (il doping di allora), niente pista in terra rossa, niente scarpette chiodate, niente sudore, niente viaggiare !
Avevo avuto una educazione pragmatica e cominciai a pensare che quell’evento segnava una svolta, ed era, mio malgrado, venuto il momento di diventare grande, lavorare, cambiare rotta, far valere le ragioni dei miei genitori che sognavano per me un posto di lavoro sicuro, vicino casa.
Il dottor Paolo F. mi disse “Ragazzo, prima di assumerti, voglio parlare un po’ con te, ho qualcos’altro da prospettarti.”
Il “qualcosa da prospettarti” era un vero prospetto: un foglio bianco con su tracciata una linea verticale che lo divideva in due colonne.
Mi disse “A destra scriviamo Montedison, a sinistra scriviamo Sport. Qual è la vita che desideri?”, Poi sul foglio aggiunse delle voci generiche riguardanti l’aspetto economico, sociale, culturale, emotivo, ecc… e mi chiese di attribuire un punteggio ad ogni voce per colonna.
Alla fine fece una somma dei punteggi e mi disse “La tua strada non passa per Bussi! Perché non ti iscrivi all’ISEF ?”
Devo a quell’incontro tutto quello che è stato il mio vissuto professionale!
Era giugno del 1974, frequentavo con buon profitto il secondo anno di ingegneria, avevo superato da poco un corso di programmazione per calcolatori elettronici, ero un atleta del G.S. Carabinieri di Bologna ed ero stato appena convocato per un incontro internazionale di Decathlon che si sarebbe svolto in Spagna, ed ora mi trovavo a dover decidere di cambiare totalmente la mia vita.
Alla mia obiezione “C’è un concorso di prove fisiche, ed io sono ingessato e ne avrò per altri cinque mesi.” Lui serafico rispose” Vedrai che ce la farai, ne sono certo!”
Anche i pressanti incitamenti da parte del mio compagno di squadra Giorgio Berto (oggi docente alla Facoltà di Scienze Motorie di Firenze), appena diplomato presso l’ISEF di Milano, decathleta anch’egli con cui vinsi nel ‘73 i Campionati Italiani di Decathlon a squadre, mi indussero a decidere in quel senso, e fu così che a settembre di quell’anno mi presentai al concorso, con le stampelle e con un gesso che mi bloccava l’intera gamba sinistra.
Nonostante tutto mi esibii in un paio di progressioni alla sbarra e alle parallele che lasciarono allibiti gli esaminatori che, seppur con riserva di una ulteriore visita ortopedica, mi ammisero e dettero inizio alla mia avventura professionale.
Per mantenermi agli studi in Bologna, facevo gratuitamente l’allenatore dei saltatori presso la Virtus, gloriosa squadra di atletica felsinea, in cambio di qualche ora retribuita presso il Circolo Tennis, che il mio mentore, Prof. Cesare Garulli riuscì a farmi attribuire.
Mi diplomai nel minor tempo possibile ed iniziai immediatamente ad insegnare nella Scuola Statale.
A quell’epoca non esisteva ancora la figura professionale del Preparatore Atletico.
La mia innata curiosità verso i fenomeni fisici, soprattutto nel campo della fisiologia umana, mi spinse a studiare presso la Facoltà di Medicina e a fare esperienza nel campo della ricerca scientifica con semplici sperimentazioni che mi portarono a costruire rudimentali ma efficaci strumenti tecnici adatti allo scopo.
Fu nel 1977, in seguito alla necessità di capire le qualità di esplosività di un soggetto che costruii il mio primo strumento: un semplice misuratore di accelerazione utilizzando un campanello elettrico, un rotolo di carta da telescrivente e della carta carbone!